VIA DELL'ARGENTO e le miniere del Sarrabus (tutto il percorso)
vicino a Burcei, Sardegna (Italia)
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Foto del percorso



Descrizione dell'itinerario
VIA DELL'ARGENTO e le miniere del Sarrabus (scheda in fase di aggiornamento)
Avviso ai "naviganti"
Via dell'argento è uno straordinario itinerario non attrezzato, con pochi passaggi dove è necessario prestare attenzione per l'orientamento. Sono posti molto belli ma se privati del loro contesto geominerario possono indurre a pensare "si tratta di una bella passeggiata a besta".
Chi non apprezza il passato minerario e la complessità di via dell'Argento è meglio se rimane a casa o fa altro. Questa descrizione e la traccia sono un primo passo per la realizzazione di un itinerario di maggiore sviluppo. Altre informazioni nella pagina facebook Via dell'Argento.
La storia
Ad iniziare dalla seconda metà del diciannovesimo secolo studio geominerari individuarono una successione di manifestazioni mineralizzati e allineate secondo un asse est-ovest, cui si diede il nome di “Filone Argentifero del Sarrabus”.
Tale dizione, sebbene smentita da successivi studi che esclusero una origine comune ai siti mineralizzati, è rimasta nella bibliografia geomineraria ed è pervenuta fino ai giorni nostri.
I primi lavori “industriali” presero avvio dalle falde settentrionali di Monte Narba ad iniziare dal 1867 ad opera di un gruppo di imprenditori sardi e liguri. In meno di un decennio si moltiplicarono i permessi di ricerca e le dichiarazioni di scoperta, fino al rilascio di una quindicina di concessioni, ovvero (tra queste, ad iniziare da ovest: Sa Terra Mala (Soleminis), Tuviois e Serr'e S'Ilixi (Sinnai), Nicola Secci, Tacconis e S'Arcilloni (Burcei), Masaloni Giovanni Bonu, Monte Narba, Peddeattu e Perd'Arba (San Vito), Baccu Arrodas (Muravera).
La mineralizzazione ricorrente era rappresentata da solfuri di piombo e argento (galena e argentite), notevole la presenza di argento metallo (nel Sarrabus si registrarono i tenori più elevati di argento puro rispetto alle altre miniere del vecchio Continente).
Parallelamente ai lavori di preparazione e di estrazione sorsero una ventina di nuclei abitati, alcuni dotati di servizi (Monte Narba), mentre la maggior parte era costituito da caseggiati adibiti ad alloggi comuni, qualche edificio destinato ad ospitare uffici e direzioni. Per razionalizzare il processo produttivo furono impiantati a Tuviois, Monte Narba e Baccu Arrodas impianti per il trattamento idrogravimetrico dei minerali.
In diverse miniere furono scavati dei pozzi di estrazione del minerali e per il personale, con sistemi di eduzione e di produzione dell'aria compressa, a questi si associarono officine e falegnamerie fino alla costituzione di un unico e continuo tessuto industriale.
A questo insieme produttivo fornivano manodopera i centri vicini, ma anche territori più lontani, per livelli occupativi che nel 1890 toccarono le duemila unità lavorative (circa un quinto delle maestranze impegnate nell'industria estrattiva isolana). Sotto questo ultimo aspetto è ben rilevabile il peso che l'industria mineraria ha avuto sul territorio del Sarrabus e del vicino Gerrei, interessato, seppure con ritardo, dalla nascita del bacino estrattivo dell'antimonio (importante risorsa mineraria per l’industria)..
Nei primi del secolo scorso la quasi totalità delle concessioni era detenuta da due società: La Società Anonima delle Miniere di Lanusei (che controllava la miniera più importante Monte Narba) e la società delle Miniere del Rio Ollastu (che disponeva di ottimi giacimenti purtroppo disagiati sotto l'aspetto dei trasporti). La prima per collegare Tuviois agli impianti di Monte Narba costruì, a partire dal 1880, una strada di servizio oggetto del presente progetto.
Il percorso iniziava, come detto, da Tuviois, proseguiva sulla sponda destra del Rio Ollastu, incrociava nell'area della miniera di S'Arcilloni la Strada Reale del Sarrabus per deviare verso Giovanni Bonu. Mediante una galleria di carreggio lunga circa 1000 metri e un piano inclinato, il percorso toccava la laveria di Monte Narba per dirigersi, dopo aver interessato la miniera di Baccu Arrodas, sulla Strada Reale nei pressi di Muravera. Da questo centro il percorso si concludeva all'imbarco di Gibbas, attuale Porto Corallo.
La scoperta di nuovi giacimento d'argento nell'America Latina, l’aumentare della profondità dei lavori con un conseguente aumento dei costi di estrazione e la concorrenza della miniera di Montevecchio (dove l'argento era estratto come sottoprodotto della galena), portarono velocemente ad iniziare dal 1905 al declino delle attività sul filone argentifero.
Negli anni successivi al Primo Conflitto Mondiale quasi tutte le miniere chiusero i lavori, nella sola Monte Narba si sostituì una azienda agricola, chiusa definitivamente meno di venti anni fa.
Negli altri centri estrattivi calò il silenzio, interrotto solo negli anni Cinquanta da successive ed infruttuose campagne di sondaggio geominerario, che dimostrano, una volta per tutte, la scarsa convenienza economica del giacimento argentifero del Sarrabus.
Da allora il nome della regione rimane solo impresso nei testi di geologia, mentre continua a riscuotere una grandissima attenzione presso gli appassionati cercatori e collezionisti di minerali che, a migliaia, frequentano le discariche e i cantieri sotterranei alla ricerca di campioni, noti nel mondo per la bellezza dei cristalli e per il nome del celebre giacimento.
L'itinerario è stato studiato per la prima volta da S.Mezzolani (1989), inizia da Serr'e S'Ilixi e termina a Monte Narba.
Avviso ai "naviganti"
Via dell'argento è uno straordinario itinerario non attrezzato, con pochi passaggi dove è necessario prestare attenzione per l'orientamento. Sono posti molto belli ma se privati del loro contesto geominerario possono indurre a pensare "si tratta di una bella passeggiata a besta".
Chi non apprezza il passato minerario e la complessità di via dell'Argento è meglio se rimane a casa o fa altro. Questa descrizione e la traccia sono un primo passo per la realizzazione di un itinerario di maggiore sviluppo. Altre informazioni nella pagina facebook Via dell'Argento.
La storia
Ad iniziare dalla seconda metà del diciannovesimo secolo studio geominerari individuarono una successione di manifestazioni mineralizzati e allineate secondo un asse est-ovest, cui si diede il nome di “Filone Argentifero del Sarrabus”.
Tale dizione, sebbene smentita da successivi studi che esclusero una origine comune ai siti mineralizzati, è rimasta nella bibliografia geomineraria ed è pervenuta fino ai giorni nostri.
I primi lavori “industriali” presero avvio dalle falde settentrionali di Monte Narba ad iniziare dal 1867 ad opera di un gruppo di imprenditori sardi e liguri. In meno di un decennio si moltiplicarono i permessi di ricerca e le dichiarazioni di scoperta, fino al rilascio di una quindicina di concessioni, ovvero (tra queste, ad iniziare da ovest: Sa Terra Mala (Soleminis), Tuviois e Serr'e S'Ilixi (Sinnai), Nicola Secci, Tacconis e S'Arcilloni (Burcei), Masaloni Giovanni Bonu, Monte Narba, Peddeattu e Perd'Arba (San Vito), Baccu Arrodas (Muravera).
La mineralizzazione ricorrente era rappresentata da solfuri di piombo e argento (galena e argentite), notevole la presenza di argento metallo (nel Sarrabus si registrarono i tenori più elevati di argento puro rispetto alle altre miniere del vecchio Continente).
Parallelamente ai lavori di preparazione e di estrazione sorsero una ventina di nuclei abitati, alcuni dotati di servizi (Monte Narba), mentre la maggior parte era costituito da caseggiati adibiti ad alloggi comuni, qualche edificio destinato ad ospitare uffici e direzioni. Per razionalizzare il processo produttivo furono impiantati a Tuviois, Monte Narba e Baccu Arrodas impianti per il trattamento idrogravimetrico dei minerali.
In diverse miniere furono scavati dei pozzi di estrazione del minerali e per il personale, con sistemi di eduzione e di produzione dell'aria compressa, a questi si associarono officine e falegnamerie fino alla costituzione di un unico e continuo tessuto industriale.
A questo insieme produttivo fornivano manodopera i centri vicini, ma anche territori più lontani, per livelli occupativi che nel 1890 toccarono le duemila unità lavorative (circa un quinto delle maestranze impegnate nell'industria estrattiva isolana). Sotto questo ultimo aspetto è ben rilevabile il peso che l'industria mineraria ha avuto sul territorio del Sarrabus e del vicino Gerrei, interessato, seppure con ritardo, dalla nascita del bacino estrattivo dell'antimonio (importante risorsa mineraria per l’industria)..
Nei primi del secolo scorso la quasi totalità delle concessioni era detenuta da due società: La Società Anonima delle Miniere di Lanusei (che controllava la miniera più importante Monte Narba) e la società delle Miniere del Rio Ollastu (che disponeva di ottimi giacimenti purtroppo disagiati sotto l'aspetto dei trasporti). La prima per collegare Tuviois agli impianti di Monte Narba costruì, a partire dal 1880, una strada di servizio oggetto del presente progetto.
Il percorso iniziava, come detto, da Tuviois, proseguiva sulla sponda destra del Rio Ollastu, incrociava nell'area della miniera di S'Arcilloni la Strada Reale del Sarrabus per deviare verso Giovanni Bonu. Mediante una galleria di carreggio lunga circa 1000 metri e un piano inclinato, il percorso toccava la laveria di Monte Narba per dirigersi, dopo aver interessato la miniera di Baccu Arrodas, sulla Strada Reale nei pressi di Muravera. Da questo centro il percorso si concludeva all'imbarco di Gibbas, attuale Porto Corallo.
La scoperta di nuovi giacimento d'argento nell'America Latina, l’aumentare della profondità dei lavori con un conseguente aumento dei costi di estrazione e la concorrenza della miniera di Montevecchio (dove l'argento era estratto come sottoprodotto della galena), portarono velocemente ad iniziare dal 1905 al declino delle attività sul filone argentifero.
Negli anni successivi al Primo Conflitto Mondiale quasi tutte le miniere chiusero i lavori, nella sola Monte Narba si sostituì una azienda agricola, chiusa definitivamente meno di venti anni fa.
Negli altri centri estrattivi calò il silenzio, interrotto solo negli anni Cinquanta da successive ed infruttuose campagne di sondaggio geominerario, che dimostrano, una volta per tutte, la scarsa convenienza economica del giacimento argentifero del Sarrabus.
Da allora il nome della regione rimane solo impresso nei testi di geologia, mentre continua a riscuotere una grandissima attenzione presso gli appassionati cercatori e collezionisti di minerali che, a migliaia, frequentano le discariche e i cantieri sotterranei alla ricerca di campioni, noti nel mondo per la bellezza dei cristalli e per il nome del celebre giacimento.
L'itinerario è stato studiato per la prima volta da S.Mezzolani (1989), inizia da Serr'e S'Ilixi e termina a Monte Narba.
Commenti (2)
Puoi aggiungere un commento o una recensione a questo percorso
Ottima la premessa nel testo di accompagnamento della traccia, ma occorre anche sottolineare che questa traccia gps ha delle ENORMI criticità, forse dovute al tempo o ad una certa approssimazione durante la sua acquisizione.
Fattostà che è importante rimarcare che in molti punti della seconda metà non si passa. E non sto certo parlando di due ramoscelli messi di traverso.
Prestare massima attenzione alla traccia!!?⚠️
Nelle premesse della descrizione viene precisato che la scheda del percorso e' in fase di aggiornamento e che sul percorso ci sono solo alcuni punti che necessitano di attenzioni nellorientamentoLa prima parte, da Tuviois al Cuile Sarcilloni, molto estetica, di valore paesaggistico, storico e minerario caratterizzata dal cammino costante affianco al Riu Ollastu.
Credo sia onesto precisare che il percorso da fare in 2 giorni che parte da Tuviois a Bacu Arrodas possa essere distinto in 2 parti.
La prima parte che va dalla MIniera di Tuviois alla Miniera di Sarcilloni presenta caratteristiche di notevole pregio, sotto il profilo estetico, storico, minerario, paesaggistico, ambientale ed escursionistico per via delle suggestioni legate al passaggio costante lungo il torrente Riu Ollastu. Si incontrano numerosi edifici minerari, gallerie e relitti di un passato lontano.
Seconda parte che perde di interesse sotto tutti i profili, essendo caratterizzata dall'allontanamento dal torrente, un cammino inizialmente su carrerece monotone e paesaggi ripetitivi, perdendo inoltre la continuità nella presenza degli edifici minerari che ricompaiono solo nella parte finale.
Per ciò che riguarda la definizione di "Via" credo che possa indurre in inganno l'escursionista, considerato che il percorso senza difficoltà di orientamento fino al Cantiere Forestale Masaloni, diventa in seguito impervio, con passaggi su frane, sterili di lavorazione, strade crollate e improbabili su mulattiere ormai richiuse dalla fitta vegetazione.
La percorrenza viene ulteriormente complicata da serie difficoltà di orientamento, considerato che la traccia passa in mezzo alla vegetazione, su impluvi, cascate e luoghi franati, scendendo con disinvoltura sull'alveo del torrente che porta a perdite di quota rilevanti e dispendiose che fanno apparire la traccia come disegnata a mano dall' autore, senza considerare i dislivelli reali e l'impegno fisico per compiere certe azioni. I dislivelli negativo e positivo qui proposti non hanno alcuna aderenza con la realtà.
La traccia proposta per ampi tratti risulta inaffidabile e per questioni di sicurezza è vivamente sconsigliato affidarvisi.