Cavaione
vicino a Cavaione, Lombardia (Italia)
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Foto del percorso



Descrizione dell'itinerario
Novantanove maniche infreddate
et unghie da sonar l’arpa co’ piedi
si trastullavano col ponte a Rifredi
per passar tempo infino a mezza state; 4
intanto vi passoron le bruciate
dicendo l’una all’altra «Che ne credi?»
El turcimanno lor rispose «Vedi
che infino alle vesciche son gonfiate». 8
A me ne venne voglia e volli tôrne
e le chiocciole allor si dolfon meco
che una siepe avie messo lor le corne; 11
et una gazza che parlava in greco
disse «Voi perché andate tante adorne?
Come credete voi che l’uom sie ceco?» 14
Va’ leggi l’alfabeco
e troverrai a un filar di sorra
come le palle hanno il cervel di borra. 17
Un giudice di caüse moderne
che studiava in sul fondo d’un tamburo
avea il cervel del calamaio sì duro
ch’arebbe asciutto un moggio di citerne; 4
e la feroce testa di Leoferne
con tre pezze di panno baio scuro
et un cavallo a piede in sun un muro
che aveva amendue spente le lucerne. 8
Così nel gocciolar de’ torcifeccioli
l’odor degli agli cotti e ’ petronciani
fanno piacere al Papa e fichi peccioli: 11
però che vagheggiando gli Orvietani
vien lor nell’unghia tanti patereccioli
quanto è in Siena cervellin balzani. 14
Et questo è perché e cani
el sesto dì di Pasqua per vie Buia
cantano il Miserere colle Luia. 17
Un gran romor di calze ricardate
e ’l rischio ch’è a lassa. l’uscio aperto
a un che predicava nel diserto
alle guastade ch’erano increspate 4
E tre pescaie giovine isdentate
e l’allegrezza d’un prigione offerto
tenneno a sindacato il re Uberto
per le mezette che non son marchiate. 8
E truovo nelle pìstole del Ghianda
che, perché e bessi son sì boriosi,
che Narcisso lassò lor fonte Branda. 11
O Belzebù, o birri pidocchiosi,
dè non portate il maggio la grillanda
però che si disdice a voi tignosi. 14
Guardatevi gottosi
di non mangiar ciriege in dì oziachi
perché l’hanno l’uscita e ’l mal de’ bachi. 17
Nominativo cinque sette et otto
un vi’ uno ch’i’ la ’nvito stù nol vuoi;
messere, voi lo torrete pur per voi
che tenesti lo ’nvito del diciotto. 4
Dè ch’i’ rinnegherei ben prima Giotto
e la fata Morgana e ’ fabbri suoi
a dir che voi vogliate pur che ’ buoi
conoschin l’acquerel dal mosto cotto. 8
Così su per la riva di Parnaso
le prediche del sette e ’ ceci rossi
fanno del bisestare un forte caso; 11
e se non fussin stati gli aliossi,
quando Vespasian guarì del naso,
tristo alla pelle de’ colombi grossi, 14
però ch’io mi riscossi
quando io senti’ gridare: «Orcagna, Orcagna!»
e ’l Burchiel si tuffò nel mar di Spagna. 17
Cimatura di nugoli stillata
et una strana insegna d’un merciaio
e gerapigra et un treppiè d’acciaio
e lo stridir d’un’anitra inchiovata 4
et una cassa madia invetrïata,
madre del gonfalon del Lion vaio,
e ’l rigagnol di borgo Tegolaio
mandoron pel cintonchio in Damïata. 8
I’ non potrei contar tanta sciagura
cioè de’ paladini condotti a tale
che ricogliendo van la spazatura: 11
e ben lo disse Seneca morale
nel tempo che Tarquino ebbe paura
veggendo i topi che mettevan l’ale. 14
Ma quel colpo mortale
che diè con tanto sdegno Ercole a Cacco
mi fè fuggire un granchio fuor del sacco. 17
primauera & l'autunno, & cade nel centro della terra ne gli otto gra- pareggiata di a Ariete & di Libia, & elte volte muta gli spacij nell'accrescimento del al giorno. giorno, il Verno, ne gli otto gradidi Capricorno, & della notte nel solstitio, in alire tanti gradi di Cancro. La cagione di questa inequalità, è la obliquità del Zodiaco; p: rcioche sempre a lutti i momenti si fá la meià del mondo & di sopra & lotto la terra. Ma i segni, che nel lor nascimento salgono furetti, con più lungo spacio tengono la luce, quei che nasconoobliqui, paliano
Perthe fono attribuite le faette à Gione. Сар. ХХ..
Olti non fanno, come con lunga offeruatione del Ciclo huominidot.
till mi auttori di questa dottrina, hanno trovato, chei fuochi che caden do in terra pigliano il nome di saetre, vengono da' primi tre pianeti, & mallimamente da Gicus,posto nci mezodeli:& ciò forse, perche per questo mo- Gioue pero
till mi auttori di questa dottrina, hanno trovato, chei fuochi che caden do in terra pigliano il nome di saetre, vengono da' primi tre pianeti, & mallimamente da Gicus,posto nci mezodeli:& ciò forse, perche per questo mo- Gioue pero
,
che lancia do purga la coragione del troppo hu nore, ilquale e'tira da Saturno, che gli è laette, di fopra & dell'ardore di Marte,che gli è disotto. Et perciò s'è detto che Giope lancia le laette.Si come dunque da legno ardente viene con istrepito il car tone, cofidalla ftella il fuoco ceiette e mandato fuori, ilquale apporta seco piefagio di cose auucnire, & non ceffa di far diuine operationi in ciclo, con qnella parte anchcra,che da esso è scacciata.Et ciò mafrimamente si fa effendo l'aria iurbata perche l'tumor raccolto stimula l'abondantia;ò perche l'aria Si turba, come se il pianeta grauido hauesse a partorire. De gli interualle de Pianeti.
Cap. XXI. Olti ancora hanno tentato d'inueftigare le diftantie, che sono dalla L'aera al. terra a' Piancti : & hanno hauuto à dire, che il Sole è lontano dalla la luna,
Luna
più costo.
la

L
Luna diecinoue parti, più che non è la luna da ella terra.Ma Pitagora huomo
d'animo sagace, raccolse, che dalla terra alla Luna sono cento uentiseimila
stadi; & da quello fino al Sole due tanti, & dal Solea dodeci segni tre uolto
tanto. Delqual parere fu anco Gallo Sulpitio nostro.
Della Musica delle Stelle. . Cap. XXII.
Nega Ari.
E Hot. nel 2.
T PITAGORA dalla ragion musicale chiama tuono, lo spatio, ch'è dalla del cielo có
terra insino alla luna. Daquella a Mercurio pone la metà di quello spatra i Plato tio:& da esso a Venere quasi altrettanto. Et da efia al sole la metà mero. Dal nici, che le role a Marte vn tuono, cioè quanto è dalla terra alla luna. Da Marte a Gio: Helle faccia no musica,
ue la merà; & da Gioue a Saturno la metà: & da Saturno ai Zodiaco la metà calcuna me meno. Et cofi fi vengono a farfette tuoni; laquale armonia li chiama diapalodia, pero son, cioè vniuerfita' di concento. In questa armonia dice, che Saturno simuocioche elle da se non li ue con concento Dorio; Mercurio con frongo; Gioue con Frigo:& cofine muouono , gli alori và inaginando cose simili, con varietà più tosto dileticucle, che ne. che & le
ceflaria. parti d'vna naue molla
Della Geometria del Mondo, Cap. XXIII, non fanno
O STADIO fa cento venticinque de' noftri pali, cioè , seicentoventicinsuono oltra che noi I've que piedi. Posidonio scriuc
et unghie da sonar l’arpa co’ piedi
si trastullavano col ponte a Rifredi
per passar tempo infino a mezza state; 4
intanto vi passoron le bruciate
dicendo l’una all’altra «Che ne credi?»
El turcimanno lor rispose «Vedi
che infino alle vesciche son gonfiate». 8
A me ne venne voglia e volli tôrne
e le chiocciole allor si dolfon meco
che una siepe avie messo lor le corne; 11
et una gazza che parlava in greco
disse «Voi perché andate tante adorne?
Come credete voi che l’uom sie ceco?» 14
Va’ leggi l’alfabeco
e troverrai a un filar di sorra
come le palle hanno il cervel di borra. 17
Un giudice di caüse moderne
che studiava in sul fondo d’un tamburo
avea il cervel del calamaio sì duro
ch’arebbe asciutto un moggio di citerne; 4
e la feroce testa di Leoferne
con tre pezze di panno baio scuro
et un cavallo a piede in sun un muro
che aveva amendue spente le lucerne. 8
Così nel gocciolar de’ torcifeccioli
l’odor degli agli cotti e ’ petronciani
fanno piacere al Papa e fichi peccioli: 11
però che vagheggiando gli Orvietani
vien lor nell’unghia tanti patereccioli
quanto è in Siena cervellin balzani. 14
Et questo è perché e cani
el sesto dì di Pasqua per vie Buia
cantano il Miserere colle Luia. 17
Un gran romor di calze ricardate
e ’l rischio ch’è a lassa. l’uscio aperto
a un che predicava nel diserto
alle guastade ch’erano increspate 4
E tre pescaie giovine isdentate
e l’allegrezza d’un prigione offerto
tenneno a sindacato il re Uberto
per le mezette che non son marchiate. 8
E truovo nelle pìstole del Ghianda
che, perché e bessi son sì boriosi,
che Narcisso lassò lor fonte Branda. 11
O Belzebù, o birri pidocchiosi,
dè non portate il maggio la grillanda
però che si disdice a voi tignosi. 14
Guardatevi gottosi
di non mangiar ciriege in dì oziachi
perché l’hanno l’uscita e ’l mal de’ bachi. 17
Nominativo cinque sette et otto
un vi’ uno ch’i’ la ’nvito stù nol vuoi;
messere, voi lo torrete pur per voi
che tenesti lo ’nvito del diciotto. 4
Dè ch’i’ rinnegherei ben prima Giotto
e la fata Morgana e ’ fabbri suoi
a dir che voi vogliate pur che ’ buoi
conoschin l’acquerel dal mosto cotto. 8
Così su per la riva di Parnaso
le prediche del sette e ’ ceci rossi
fanno del bisestare un forte caso; 11
e se non fussin stati gli aliossi,
quando Vespasian guarì del naso,
tristo alla pelle de’ colombi grossi, 14
però ch’io mi riscossi
quando io senti’ gridare: «Orcagna, Orcagna!»
e ’l Burchiel si tuffò nel mar di Spagna. 17
Cimatura di nugoli stillata
et una strana insegna d’un merciaio
e gerapigra et un treppiè d’acciaio
e lo stridir d’un’anitra inchiovata 4
et una cassa madia invetrïata,
madre del gonfalon del Lion vaio,
e ’l rigagnol di borgo Tegolaio
mandoron pel cintonchio in Damïata. 8
I’ non potrei contar tanta sciagura
cioè de’ paladini condotti a tale
che ricogliendo van la spazatura: 11
e ben lo disse Seneca morale
nel tempo che Tarquino ebbe paura
veggendo i topi che mettevan l’ale. 14
Ma quel colpo mortale
che diè con tanto sdegno Ercole a Cacco
mi fè fuggire un granchio fuor del sacco. 17
primauera & l'autunno, & cade nel centro della terra ne gli otto gra- pareggiata di a Ariete & di Libia, & elte volte muta gli spacij nell'accrescimento del al giorno. giorno, il Verno, ne gli otto gradidi Capricorno, & della notte nel solstitio, in alire tanti gradi di Cancro. La cagione di questa inequalità, è la obliquità del Zodiaco; p: rcioche sempre a lutti i momenti si fá la meià del mondo & di sopra & lotto la terra. Ma i segni, che nel lor nascimento salgono furetti, con più lungo spacio tengono la luce, quei che nasconoobliqui, paliano
Perthe fono attribuite le faette à Gione. Сар. ХХ..
Olti non fanno, come con lunga offeruatione del Ciclo huominidot.
till mi auttori di questa dottrina, hanno trovato, chei fuochi che caden do in terra pigliano il nome di saetre, vengono da' primi tre pianeti, & mallimamente da Gicus,posto nci mezodeli:& ciò forse, perche per questo mo- Gioue pero
till mi auttori di questa dottrina, hanno trovato, chei fuochi che caden do in terra pigliano il nome di saetre, vengono da' primi tre pianeti, & mallimamente da Gicus,posto nci mezodeli:& ciò forse, perche per questo mo- Gioue pero
,
che lancia do purga la coragione del troppo hu nore, ilquale e'tira da Saturno, che gli è laette, di fopra & dell'ardore di Marte,che gli è disotto. Et perciò s'è detto che Giope lancia le laette.Si come dunque da legno ardente viene con istrepito il car tone, cofidalla ftella il fuoco ceiette e mandato fuori, ilquale apporta seco piefagio di cose auucnire, & non ceffa di far diuine operationi in ciclo, con qnella parte anchcra,che da esso è scacciata.Et ciò mafrimamente si fa effendo l'aria iurbata perche l'tumor raccolto stimula l'abondantia;ò perche l'aria Si turba, come se il pianeta grauido hauesse a partorire. De gli interualle de Pianeti.
Cap. XXI. Olti ancora hanno tentato d'inueftigare le diftantie, che sono dalla L'aera al. terra a' Piancti : & hanno hauuto à dire, che il Sole è lontano dalla la luna,
Luna
più costo.
la

L
Luna diecinoue parti, più che non è la luna da ella terra.Ma Pitagora huomo
d'animo sagace, raccolse, che dalla terra alla Luna sono cento uentiseimila
stadi; & da quello fino al Sole due tanti, & dal Solea dodeci segni tre uolto
tanto. Delqual parere fu anco Gallo Sulpitio nostro.
Della Musica delle Stelle. . Cap. XXII.
Nega Ari.
E Hot. nel 2.
T PITAGORA dalla ragion musicale chiama tuono, lo spatio, ch'è dalla del cielo có
terra insino alla luna. Daquella a Mercurio pone la metà di quello spatra i Plato tio:& da esso a Venere quasi altrettanto. Et da efia al sole la metà mero. Dal nici, che le role a Marte vn tuono, cioè quanto è dalla terra alla luna. Da Marte a Gio: Helle faccia no musica,
ue la merà; & da Gioue a Saturno la metà: & da Saturno ai Zodiaco la metà calcuna me meno. Et cofi fi vengono a farfette tuoni; laquale armonia li chiama diapalodia, pero son, cioè vniuerfita' di concento. In questa armonia dice, che Saturno simuocioche elle da se non li ue con concento Dorio; Mercurio con frongo; Gioue con Frigo:& cofine muouono , gli alori và inaginando cose simili, con varietà più tosto dileticucle, che ne. che & le
ceflaria. parti d'vna naue molla
Della Geometria del Mondo, Cap. XXIII, non fanno
O STADIO fa cento venticinque de' noftri pali, cioè , seicentoventicinsuono oltra che noi I've que piedi. Posidonio scriuc
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