Brenna- Alzate
vicino a Brenna, Lombardia (Italia)
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Foto del percorso



Descrizione dell'itinerario
Cesare imperador vago et onesto
non ritrovando il dì di Carnasciale
dette una petitione alle cicale
dinanzi a’ cinque savi del Bisesto: 4
di che, come i ranocchi seppon questo,
inanimati contro all’uficiale,
destorono il guardian dello spedale
che dormiva sognando fare agresto. 8
E Scipïone era smontato a piede
per far dell’erba alle chiocciole sue,
che av[i]en facto la scorta a Dïomede: 11
non ebbe tanto sdegno Cimabue
del colpo che gli dette Ganimede
quando gli fece far d’un boccon due, 14
e la question lor fue
perché e castron son molto a noia a’ pesci
portando il verno i foderi a rovesci. 17
Iesso la parte di duonna Mathienza
cuoppiavaccina, ca prode vi faccia:
quattro melangole et una ramolaccia,
hanci spieso un carlin, non ci ripienza. 4
E quissi mercatanti da Fiorenza
che agano in Campo Mierlo fatto caccia
presentano alla sposata che ’l saccia
un capo cervio con gran riverenza. 8
Disse lo santalo «Danza, che sie acciso!
Maldetta, ma li muorti tuoi, maldetta!
non bi’ ca simo nello paraviso?» 11
E Caciotuosto, e Giannuzzo Sberretta,
Paluozza, Iacomella l’ago intiso
che pranzan madiman con Capaccetta. 14
Issa se nde diletta
che vaga mo’ massera alla calata
e faccian quattro scuorze di fogliata. 17
Burchiello sgangherato e sanza remi,
composto insieme di zane sfondate,
non possono più le Muse star celate
po’ che per prora sì copioso gemi. 4
Ingegno svelto da pedali estremi
in cui le rime fioche e svariate
tengon memoria dell’alme beate
a cui parlando di lor palma scemi, 8
dimmi qual cielo germina o qual clima
corpo che sia omai di vita privo,
sentir sì faccia di suo fauce strida. 11
I’ so un animal che non si stima
a cui grattargli il mento torna vivo:
quando è più morto, e più feroce grida. 14
Poi mi dirai dove l’aria è sì cruda
che per fatica pel ceffo si suda.
Battista, perché paia ch’i’ non temi,
com’io non fo, le tuo frittelle erbate,
per dignità le mie labbra sudate
rasciugo spesso co’ tuo gran proemi. 4
E benché d’onestà mio pregio scemi,
questo è l’uccel che getta le piumate
e che per l’occhio del cocuzol pate
la dolceza che molti induce a stremi. 8
Ma reverendo tua soverchia rima
nel dir superbo ch’i’ ho tanto a schivo,
mestier non mi fu mai scorta né guida, 11
perché il ciel dalla più degna cima
in me spirò virtù tosto i’ fu’ vivo,
sotto il cui scudo il mie ingegno si fida, 14
ché non son di voi altra gente ruda
che sanza accidentale andresti ’gnuda.
. a messer Baptista Alberti.
O ser Agresto mio che poeteggi
e che tanto ben suoni il dabbudà,
qual’è la carne che cocendo fa
el savore [s’]ella stessi ne’ laveggi? 4
Ancor ti priego che chiarir mi deggi
quale è l’uccel che mai non becca et ha
in gorga sempre e nel calcetto sta:
tu ’l de’ sapere, po’ che tu studi in leggi. 8
Dè, dimmi ancora qual benigno cielo
o quale stella con pietà s’inchina
che ’ pesci non si muoiono or di gelo: 11
però ch’i’ sogno spesso la mattina
Arno vedere con di cristallo un velo
e ’ pesci sanza gruogo in gelatina. 14
Ancor colla dottrina
delle cornacchie che ti presta Giove,
dimmi a che tu t’avedi quando e’ piove. 17
Dopo il tuo primo assalto, che la vista
m’apristi oltre al ferirmi in sullo sbergo,
il cui colpo mi dolfe inteso il gergo,
se tu hai core in corpo o occhi in vista, 4
usciàn fuor di tention e fa’, Battista,
che una sera mi dia cena et albergo,
con questo che menar vo’ meco un ghiergo
il qual sarà questo nuovo legista. 8
E fa’ che questo sia prima che ’l giorno
entri di Carnasciale, che verrà tosto,
sì che i fanciulli il chiaman già col corno. 11
Fa’ di darci capponi lessi et arrosto,
giovani, grassi e non sien cotti al forno,
ma vòlti al fuoco adagio adagio e scosto. 14
Fa’ che mi sia risposto
da te con qualche effetto et in maniera
che le parole mie non sien da sera. 17
Hiè colui che non sappia, che nel nascere della Canicula s'accendono !Mouimeatl Civaporidel
Sole? Gli effetti dellaquale ftella si sentono grandissimi in della products terra. Ribollono i mari, quando ella nasce: vanno sottosopra i vini nelle cula. cantine,& fi muouono gli ftagni.L'Egitto chiama Orige vna fera;laquale di . cefiche quando la Canicula nasce, vi si mette all'incontro, & la guarda ; & quafi che l'adorna , quando ftarputa. Et non è dubbio alcuno, che i cani per tutto quello fpatio, ch'ella fi vede; vanno grandemente in rabbia. Le ftelle in uarie parti di fegnize in diuerf tepi, fanno differentiinflufi.C.X[I. Anno le parti ancora d'alcuni segni la forza loro, fi come nell'equinor
del , effere oppreffa dalle tempeste, nè solamente dalle piogge,& tempelte:ma ancora per molti esperimenti de' corpi,& delle terre. Alcuni sono come percof fi dalla ftella; alcuni altri in certi tempi determinati fentono mutationi nel venire,ne'neniti,nel capo,& nella mente. L'olivo, l'oppio bianco,e i salci nel folftitio girano le lor foglie. L'herba secca del puleggio appiccata sotto i setti Puleggio fiorisce il di proprio della bruma:& romponli le carte pergamene gofiate. Ma secco quan
do Gorisce. rauiglisi di questo,chi nó l'ha esperimentato ogni di,che vi'herba, che si chia ma Heliotropio,guarda sempre il Sole,quando ci si parte, & di cótinuo fivol ge insieme con esso,béche sia coperto da nugoli. La Luna ancora ba possanza Alterationi di far crescere,& fcemari corpi dell'ostriche,& de' animali per Aati più diligenti,dicono che le venoline del fegato de'topi rispondono al nu conto della mero della Luna:& la formica,animal cosi piccolo fente le forze della Lu- Lens. na; percioche quando la Luna non si vede nevecchia, ne nuoua, li rimane dal fuo lanoro.Et è tanto più bruitta l'ignorantia dell'huomo, ilquale confe dla che ne gl’occhi d'alcune bestic crescono,& scemano imali insieme con la Luna. Aiutaci la smisurata grandezza del cielo con la sua altitudine partita in quarantadue segni. Et tiitti quefti sono figure di cose, o d'animali, nellequali gli huomini scientiati hanno compartito il cielo. In questi segni alcuni hanno no tate mille feicento stelle;cioè,le più eccellenti,& per effetto,& per apparen tia. Come per effempio. effempio, nella coda del Tauro setre, lequali chiamarono Vergilie: nella fronte sono le Suoole. Er Boote , che seguita i settentrioni. :)
Le cagioni delle pioggie, de venti, o delle nugole. Cap. XLII.
O NON negherò già, che fuor di queste cagioni nó pofiano offer le pioggie,
eivéri:percioche egli è cosa chiara,che dalla terra eshala ceria caligine bu mida,e alcuna volta ancora per li vapori fumicofa. Onde & per l'humidità; che móra in alto,ò per l'aria condensata in liquore, li genėraro le rugcle. Et la dengà, e il corpo di quelle & vede cetto, percioch'ellectioprono il Sole:&
B 2
ciò. vedono anco quei che si tuffano in qual fi voglia profonda altezza daca
qua,
De' tnoni, o folgori.
Cap. XLIII.
.
On negherò adunque poier cadere in queste nugole di sopra fuochi dal
le stelle quali spesso veggiamo nel sereno, dal percot méro de quali e co-
molla l'aria,come quãdo le saette lăciate fi sentono ftridere. Quando dunque
quei fuochi giungono alla nugola generano vapore diffonāte, fi come ferro ro
uéte tuffato null'acqua. uéte tuffato null'acqua,& gira intorno vna certa riuolutione di fumo. Diqui
Tempette
ondenfica nascono le tépefte Et le nella nugola combatte il vento, o il uapore,fi fanno i
tuoni,ma s'egli esce ardéte,nascono le faette,& se per lúgo fpatio fa tal forza,-
végono i baleni.Percioche quefti fendono le nagolc,e quci le rõpono. E ito
ni sono le percosse,che fanno i fuochi,che Battono nelle nugole, & perciò su
bito le focose feffure loro végono à lāpeggiare. Può benanco talvolta lo spiri
fo,che & leuò da terra,rispinto in giù dalla forza delle stelle, e ristretto nella
nugola,ionare, strāgoládo la natura il suono,métre
non ritrovando il dì di Carnasciale
dette una petitione alle cicale
dinanzi a’ cinque savi del Bisesto: 4
di che, come i ranocchi seppon questo,
inanimati contro all’uficiale,
destorono il guardian dello spedale
che dormiva sognando fare agresto. 8
E Scipïone era smontato a piede
per far dell’erba alle chiocciole sue,
che av[i]en facto la scorta a Dïomede: 11
non ebbe tanto sdegno Cimabue
del colpo che gli dette Ganimede
quando gli fece far d’un boccon due, 14
e la question lor fue
perché e castron son molto a noia a’ pesci
portando il verno i foderi a rovesci. 17
Iesso la parte di duonna Mathienza
cuoppiavaccina, ca prode vi faccia:
quattro melangole et una ramolaccia,
hanci spieso un carlin, non ci ripienza. 4
E quissi mercatanti da Fiorenza
che agano in Campo Mierlo fatto caccia
presentano alla sposata che ’l saccia
un capo cervio con gran riverenza. 8
Disse lo santalo «Danza, che sie acciso!
Maldetta, ma li muorti tuoi, maldetta!
non bi’ ca simo nello paraviso?» 11
E Caciotuosto, e Giannuzzo Sberretta,
Paluozza, Iacomella l’ago intiso
che pranzan madiman con Capaccetta. 14
Issa se nde diletta
che vaga mo’ massera alla calata
e faccian quattro scuorze di fogliata. 17
Burchiello sgangherato e sanza remi,
composto insieme di zane sfondate,
non possono più le Muse star celate
po’ che per prora sì copioso gemi. 4
Ingegno svelto da pedali estremi
in cui le rime fioche e svariate
tengon memoria dell’alme beate
a cui parlando di lor palma scemi, 8
dimmi qual cielo germina o qual clima
corpo che sia omai di vita privo,
sentir sì faccia di suo fauce strida. 11
I’ so un animal che non si stima
a cui grattargli il mento torna vivo:
quando è più morto, e più feroce grida. 14
Poi mi dirai dove l’aria è sì cruda
che per fatica pel ceffo si suda.
Battista, perché paia ch’i’ non temi,
com’io non fo, le tuo frittelle erbate,
per dignità le mie labbra sudate
rasciugo spesso co’ tuo gran proemi. 4
E benché d’onestà mio pregio scemi,
questo è l’uccel che getta le piumate
e che per l’occhio del cocuzol pate
la dolceza che molti induce a stremi. 8
Ma reverendo tua soverchia rima
nel dir superbo ch’i’ ho tanto a schivo,
mestier non mi fu mai scorta né guida, 11
perché il ciel dalla più degna cima
in me spirò virtù tosto i’ fu’ vivo,
sotto il cui scudo il mie ingegno si fida, 14
ché non son di voi altra gente ruda
che sanza accidentale andresti ’gnuda.
. a messer Baptista Alberti.
O ser Agresto mio che poeteggi
e che tanto ben suoni il dabbudà,
qual’è la carne che cocendo fa
el savore [s’]ella stessi ne’ laveggi? 4
Ancor ti priego che chiarir mi deggi
quale è l’uccel che mai non becca et ha
in gorga sempre e nel calcetto sta:
tu ’l de’ sapere, po’ che tu studi in leggi. 8
Dè, dimmi ancora qual benigno cielo
o quale stella con pietà s’inchina
che ’ pesci non si muoiono or di gelo: 11
però ch’i’ sogno spesso la mattina
Arno vedere con di cristallo un velo
e ’ pesci sanza gruogo in gelatina. 14
Ancor colla dottrina
delle cornacchie che ti presta Giove,
dimmi a che tu t’avedi quando e’ piove. 17
Dopo il tuo primo assalto, che la vista
m’apristi oltre al ferirmi in sullo sbergo,
il cui colpo mi dolfe inteso il gergo,
se tu hai core in corpo o occhi in vista, 4
usciàn fuor di tention e fa’, Battista,
che una sera mi dia cena et albergo,
con questo che menar vo’ meco un ghiergo
il qual sarà questo nuovo legista. 8
E fa’ che questo sia prima che ’l giorno
entri di Carnasciale, che verrà tosto,
sì che i fanciulli il chiaman già col corno. 11
Fa’ di darci capponi lessi et arrosto,
giovani, grassi e non sien cotti al forno,
ma vòlti al fuoco adagio adagio e scosto. 14
Fa’ che mi sia risposto
da te con qualche effetto et in maniera
che le parole mie non sien da sera. 17
Hiè colui che non sappia, che nel nascere della Canicula s'accendono !Mouimeatl Civaporidel
Sole? Gli effetti dellaquale ftella si sentono grandissimi in della products terra. Ribollono i mari, quando ella nasce: vanno sottosopra i vini nelle cula. cantine,& fi muouono gli ftagni.L'Egitto chiama Orige vna fera;laquale di . cefiche quando la Canicula nasce, vi si mette all'incontro, & la guarda ; & quafi che l'adorna , quando ftarputa. Et non è dubbio alcuno, che i cani per tutto quello fpatio, ch'ella fi vede; vanno grandemente in rabbia. Le ftelle in uarie parti di fegnize in diuerf tepi, fanno differentiinflufi.C.X[I. Anno le parti ancora d'alcuni segni la forza loro, fi come nell'equinor
del , effere oppreffa dalle tempeste, nè solamente dalle piogge,& tempelte:ma ancora per molti esperimenti de' corpi,& delle terre. Alcuni sono come percof fi dalla ftella; alcuni altri in certi tempi determinati fentono mutationi nel venire,ne'neniti,nel capo,& nella mente. L'olivo, l'oppio bianco,e i salci nel folftitio girano le lor foglie. L'herba secca del puleggio appiccata sotto i setti Puleggio fiorisce il di proprio della bruma:& romponli le carte pergamene gofiate. Ma secco quan
do Gorisce. rauiglisi di questo,chi nó l'ha esperimentato ogni di,che vi'herba, che si chia ma Heliotropio,guarda sempre il Sole,quando ci si parte, & di cótinuo fivol ge insieme con esso,béche sia coperto da nugoli. La Luna ancora ba possanza Alterationi di far crescere,& fcemari corpi dell'ostriche,& de' animali per Aati più diligenti,dicono che le venoline del fegato de'topi rispondono al nu conto della mero della Luna:& la formica,animal cosi piccolo fente le forze della Lu- Lens. na; percioche quando la Luna non si vede nevecchia, ne nuoua, li rimane dal fuo lanoro.Et è tanto più bruitta l'ignorantia dell'huomo, ilquale confe dla che ne gl’occhi d'alcune bestic crescono,& scemano imali insieme con la Luna. Aiutaci la smisurata grandezza del cielo con la sua altitudine partita in quarantadue segni. Et tiitti quefti sono figure di cose, o d'animali, nellequali gli huomini scientiati hanno compartito il cielo. In questi segni alcuni hanno no tate mille feicento stelle;cioè,le più eccellenti,& per effetto,& per apparen tia. Come per effempio. effempio, nella coda del Tauro setre, lequali chiamarono Vergilie: nella fronte sono le Suoole. Er Boote , che seguita i settentrioni. :)
Le cagioni delle pioggie, de venti, o delle nugole. Cap. XLII.
O NON negherò già, che fuor di queste cagioni nó pofiano offer le pioggie,
eivéri:percioche egli è cosa chiara,che dalla terra eshala ceria caligine bu mida,e alcuna volta ancora per li vapori fumicofa. Onde & per l'humidità; che móra in alto,ò per l'aria condensata in liquore, li genėraro le rugcle. Et la dengà, e il corpo di quelle & vede cetto, percioch'ellectioprono il Sole:&
B 2
ciò. vedono anco quei che si tuffano in qual fi voglia profonda altezza daca
qua,
De' tnoni, o folgori.
Cap. XLIII.
.
On negherò adunque poier cadere in queste nugole di sopra fuochi dal
le stelle quali spesso veggiamo nel sereno, dal percot méro de quali e co-
molla l'aria,come quãdo le saette lăciate fi sentono ftridere. Quando dunque
quei fuochi giungono alla nugola generano vapore diffonāte, fi come ferro ro
uéte tuffato null'acqua. uéte tuffato null'acqua,& gira intorno vna certa riuolutione di fumo. Diqui
Tempette
ondenfica nascono le tépefte Et le nella nugola combatte il vento, o il uapore,fi fanno i
tuoni,ma s'egli esce ardéte,nascono le faette,& se per lúgo fpatio fa tal forza,-
végono i baleni.Percioche quefti fendono le nagolc,e quci le rõpono. E ito
ni sono le percosse,che fanno i fuochi,che Battono nelle nugole, & perciò su
bito le focose feffure loro végono à lāpeggiare. Può benanco talvolta lo spiri
fo,che & leuò da terra,rispinto in giù dalla forza delle stelle, e ristretto nella
nugola,ionare, strāgoládo la natura il suono,métre
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